Anonymous sta a Roland Emmerich come Voyager sta a Roberto Giacobbo. In entrambi il mistero è letteralmente quanto di più emblematico si possa immaginare, purtroppo, anche rispetto alla Storia, quella vera, su cui ci sono tomi e faldoni a svelarli. I misteri.
Infatti, per quanto le leggende abbiano influenzato gran parte della storia raccontata nel film, non ci sono, invece, possibilità di sbagli nel caso della Storia. Soprattutto di quella parte di storia, cosiddetta “elisabettiana”. Periodo nel quale è ambientato il film, tra i disordini politici di un paese alle prese con la vivace politica di una regina conservatrice e dal carattere forte. Nello stesso periodo in cui visse il grande poeta e drammaturgo, Wiliam Shakespeare. Il film affronta la questione che per secoli ha diviso studiosi, critici ed intellettuali di ogni sorta, su chi abbia realmente scritto le opere attribuite a William Shakespeare.
Il film del regista americano, conosciuto per film catastrofici e da fine del mondo, la cui produzione, in termini di danaro e non solo, dà i brividi, cerca una possibile risposta allo storico interrogativo, affrontando il quesito, fra gli scandalosi intrighi politici e le illecite storie d'amore alla Corte Reale. Questi diventano i veri ‘protagonisti’, sul palco del teatro che ancora oggi segna la storia teatrale, a livello mondiale: il teatro elisabettiano, di Londra. Anonymous comincia ai giorni nostri, a Manhattan, all’interno di un teatro, in cui uno storico ci introduce nella questione: “Shakespeare, un impostore?”. Una carrellata in avanti e lo spettatore è catapultato nel XVII secolo.
Emmerich, quindi, si fa portatore di quella verità, secondo cui, il grande poeta e drammaturgo, Edward de Vere, conte di Oxford, affermato alla corte della regina Elisabetta, nel XVI secolo, fosse lui, come raccontano alcune teorie letterarie dello scorso secolo, l'autore dei lavori attribuiti a Shakespeare.
In realtà, il problema serio del film è che fra teorie di complotto, cospirazioni, misteri e fantomatiche allusioni, non emerge nulla che possa minimamente far dubitare gli spettatori, rispetto al fatto che “Romeo e Giulietta”, ”Amleto”, “Sogno di una notte di mezza estate” siano state opere o meno del grande poeta inglese. In tutto il film, piuttosto, c’è il torbido, fra i tanti buchi di sceneggiatura, che non fanno altro che creare una semplice, estenuante e noioso sensazionalismo. Nient’altro. Vana è la pretesa del regista di indossare i panni di storico, non convince neanche il suo piglio da appassionato della materia.
Il film ha solo il grande merito di possedere un potente e riuscito cast, formato da ottimi interpreti inglesi, fra tutti eccelle Vanessa Redgrave, accanto anche ad un bravissimo e sorprendente attore italiano, originario di Bari, Paolo De Vita, che interpreta il consigliere del conte di Oxford. Buona anche la ricostruzione storica, per quel che concerne le scenografie, le cui luce ed ombre, tipiche dell’epoca elisabettiana, risultano di notevole impatto visivo. La sceneggiatura e quindi il racconto in sé, invece, risultano assolutamente pretestuosi e inverosimili. Alla fine, l’unico dubbio che rimane, non è affatto rispetto all’esistenza o meno del drammaturgo inglese, piuttosto relativo alla validità di un’operazione come questa. Veramente costosamente inutile.
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Di: Giancarlo Visitilli
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